venerdì 1 ottobre 2010

Libertà

La Sinistra e le parole: terza parola Libertà


LibertàLa parola Libertà è necessaria per affrontare ogni discorso sull’uomo. Ho voluto cominciare dalle parole Pane e Lavoro perché sono state quelle che hanno caratterizzato la Sinistra, ma le stesse parole pane e lavoro sono riconducibili alla parola libertà. Un uomo che si alza al mattino e che sa di non avere i mezzi di sopravvivenza per sé e per la propria famiglia si trova in una condizione di prostrazione tale che può accettare anche un patto di schiavitù. Il movimento socialista pose con le parole Pane e Lavoro un problema di Libertà che la stessa Rivoluzione borghese aveva evitato di porre. Pane e Lavoro intesi come necessità per rendere libero l’uomo dal bisogno fanno parte della stessa parola Libertà. L’idea fondante del movimento socialista di liberare l’uomo da quelle necessita estreme ed immediate che lo strozzano nel fisico e nella psiche è un’idea di Libertà.

Dopo un ‘900 in cui si sono maturate esperienze di comunismo andate in fumo e dove le poche esperienze di socialismo democratico si sono arenate su un vuoto riformista ancorato al neoliberismo, la riflessione sulla parola Libertà è centrale per la Sinistra.

Libertà di pensiero e di espressione del pensiero

Il pensiero è pane dell’uomo; se il pane che nutre è cibo per il corpo, il pensiero è cibo per la mente, e la mente è il motore primo del corpo stesso. Ogni limite alla libertà di pensiero e alla sua espressione e comunicazione rende l’uomo asfittico e la stessa società che si costruisce su tali premesse è solo apparentemente forte ma in realtà priva dei fondamenti vitali.
Non ci sono “idee giuste”, c’è il pensare che costantemente si aggroviglia e si scioglie. Le idee giuste o sbagliate che siano debbono potersi esprimere liberamente e l’esercizio di tale libertà è fondamentale per la necessaria cura che va data alla ricerca della verità.
Una Sinistra che ha alle spalle un passato di errori causati dal totalitarismo e che è capace di riflettere sul passato, sa che la libertà di pensiero e della sua espressione e comunicazione è il bene primo da difendere come il pane. Di conseguenza la libertà di stampa (anche attraverso strumenti moderni come internet); nel suo reale esercizio per ogni singolo uomo (e non solo per chi si qualifica professionalmente come giornalista); è da considerare elemento imprescindibile della Libertà; non può essere sottoposta ad alcun vincolo, censura e preventiva autorizzazione. Pertanto in Italia, sono necessarie modifiche immediate alla legge sulla stampa e a quella sull’Ordine dei giornalisti al fine di garantire la libertà di espressione all’uomo in quanto essere umano.
Gli unici vincoli possibili alla libertà di pensiero e di espressione sono legati alla tutela della libertà di espressione di altri singoli uomini:
- possibilità data ad altri uomini di smentire e precisare con lo stesso peso;
- limiti alla proprietà dei mezzi di comunicazione.
Possedere mezzi e strumenti di comunicazione per divulgare il proprio pensiero, fa parte dell’esercizio della libertà di espressione del pensiero: ogni uomo sia libero di scrivere e dire quello che vuole su un libro, su un foglio stampato, su un blog, in uno spettacolo o manifestazione o conferenza; attraverso strumenti che possono essere anche di sua proprietà e deve essere sgravato da ogni onere burocratico o fiscale che possa impedire minimamente la sua libertà .
Possedere una casa editrice o organo di stampa che pubblica il pensiero di più autori è ascrivibile alla attività di impresa; l’attività d’impresa deve essere ricondotta a leggi che impediscano posizioni di monopolio e cartelli oligopolistici; le misure antitrust diventano garanzia per la stessa libertà di espressione. Un soggetto privato non può essere proprietario di più strumenti di comunicazione nello stesso settore.

Libertà e proprietà non sono la stessa cosa

La proprietà è l’arte del segnare le cose, con l’apposizione di segni si dice che una cosa appartiene a un essere anche quando tale essere non si trova fisicamente insieme alla cosa. Un singolo uomo nella sua espansione del proprio IO potrebbe arrivare a segnare tutte le cose del mondo. L’esistenza stessa di altri uomini pone un necessario limite al segnare di un singolo uomo.
La rivoluzione borghese pose la difesa della proprietà e la difesa della libertà sullo stesso piano, ciò era congeniale allo sviluppo della libertà di impresa e all’affermazione della borghesia.
Il marxismo individuò nella proprietà dei mezzi di produzione l’accumulazione della ricchezza capitalistica tramite l’espropriazione del plusvalore.
Per evitare l’accumulazione capitalistica c’erano tre possibilità: generale ritorno a micro imprese artigiane e contadine condotte da un singolo (ipotesi scartata in partenza da tanti pensatori socialisti perché contrastava con qualsiasi modello di sviluppo industriale, sviluppo visto tutto sommato come un progresso dallo stesso Marx); l’associazionismo volontario di operai proprietari dell’impresa (ipotesi propugnata da Proudhon ma che si è tradotta solo in parziali esperienze di sviluppo del movimento cooperativistico); l’ipotesi di uno Stato proprietario dei mezzi di produzione che destina successivamente in beni e servizi il plusvalore accumulato (ipotesi in parte realizzata dell’esperienza del comunismo in un solo paese e che produsse un elefante burocratico che mangiò se stesso).
Il socialismo moderato europeo e il keynesianesimo si avviarono verso scelte di economia mista dove potevano convivere uno Stato impegnato in alcune scelte produttive e l’impresa capitalistica. Dagli anni ottanta la scelta del libero mercato come tiranno indiscusso ha orientato buona parte della stessa sinistra verso la visione di un capitalismo come entità unica dello sviluppo economico.
La Sinistra oggi non può lasciarsi fagocitare dal libero mercato e dai suoi caotici capricci; le stesse sorti del pianeta potrebbero essere pregiudicate in modo irreversibile, rischiamo di affogare nell’immondizia di una produzione inutile, rischiamo di essere sballottati e distrutti da una speculazione finanziaria ben distante dalle stesse imprese che generano lavoro, le stesse piccole imprese capitalistiche vengono costantemente distrutte dall’avanzare di interessi protetti da cartelli oligopolistici.
La Sinistra non può lasciarsi uccidere dal libero mercato e nel contempo deve riconoscere un valore propulsivo alla libera impresa; è una strada difficile e per percorrerla è necessario che la politica svolga un ruolo autonomo dall’economia. E’ necessario un sistema economico dove possano convivere: la microimpresa individuale, l’associazionismo cooperativo, uno Stato imprenditore nei settori strategici e nei settori dove è necessaria una spinta allo sviluppo, una libera imprenditoria medio/grande privata bilanciata dalla presenza di liberi organismi sindacali, un esercizio del credito che deve essere sia pubblico che privato, un ruolo di regolamentazione dei mercati finanziari svolto dallo Sato in collaborazione con altri stati a livello internazionale.
L’azienda privata non può essere considerata un impero dove l’imprenditore detta tutte le leggi; l’imprenditore potrà decidere sui suoi beni ma non sugli operai, il lavoro ha un aspetto contrattuale privato ma per la socialità che esprime ha un carattere pubblico. Nel nostro paese si pose fine al collocamento pubblico tramite liste di attesa facendo vincere la concezione più privatistica possibile: dalle liste di collocamento pubbliche si passò alla chiamata diretta dell’imprenditore sul 50% delle assunzioni e poi si passò alla totale chiamata diretta dell’imprenditore; la fabbrica come impero personale si realizza grazie alla stessa “sinistra” nel 1996. Se si può comprendere che l’imprenditore possa avere necessità di operare una scelta sulle diverse capacità dei lavoratori, tale criterio non si può accettare come ordine generale; considerato che una normale capacità può bastare per eseguire un lavoro, almeno i 2 terzi dei lavoratori vanno assunti da liste di attesa di pubblico collocamento, solo così si possono evitare le lunghe disperate soste in condizione di disoccupazione. Una società che tutela la libertà d’impresa deve tutelare in egual modo i lavoratori che cercano un lavoro.

Libertà come equilibrio nei rapporti umani
Il riferimento alla libertà del singolo uomo va considerato come misura per affrontare tutti i problemi di interesse sociale e privato, e per tutte le norme da progettare, approvare o respingere. Va sempre posta la domanda: “l’equilibrio che si sta realizzando è rispettoso della libertà del singolo uomo?” Solo in questo modo si possono evitare gravi errori quando si mettono in campo progetti sui problemi etici, sulla convivenza, sulla religione, sulla scuola.
01/10/10 francesco zaffuto
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Pane ......Lavoro ..... Uguaglianza

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(immagine “la mano sinistra” fotografia © liborio mastrosimone http://libomast1949.blogspot.com/)

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