venerdì 3 dicembre 2010

Chi ricerca non trova



Dopo otto anni di stenti per i ricercatori dell’Università un concreto rischio di rottamazione.


Si apprende che l’approvazione definitiva al Senato della Riforma dell’Università slitta a dopo il fatidico 14 dicembre, una sorta di chi vivrà vedrà. I motivi che hanno portato al rinvio vengono spiegati tecnicamente da vari esponenti politici, ma sicuramente la forte levata di scudi da parte di studenti e docenti è la motivazione principe di questo rinvio; fare approvare una riforma contestata con un Governo in bilico era un rischio elevato che metteva a dura prova la stessa spavalderia di Berlusconi.


Considerato l’intervallo, può essere utile continuare ad esaminare i punti chiave di questa riforma.
Nel post precedente mi ero occupato di nuovi Consigli di amministrazione dell’Università riformata:


qui si vuole fare una riflessione sul destino che riserva la riforma ai cosiddetti Ricercatori.

Il ricercatore, grado più basso dell’Olimpo della docenza universitaria, entrerà con contratti a tempo determinato che possono protrarsi per otto anni. Durante questi otto anni il docente ricercatore potrebbe essere assunto per il suo valore e la disponibilità finanziaria dell’Università. Alla fine degli otto anni se non è stato assunto viene definitivamente rottamato. Non si capisce bene se la sua rottamazione avviene perché si è dimostrata una sua reale incapacità a conservare l’incarico o perché non si sono mai create condizioni finanziarie per la sua assunzione a tempo indeterminato; scade perché è arrivato a scadenza come un qualsiasi prodotto avariato e vengono inseriti nuovi ricercatori che per otto anni staranno in cottura.

Se consideriamo che il giovane ricercatore magari avrà ottenuto l’incarico di ricerca che era un brillante trentenne si troverà ad essere un probabile rottamato vero i quaranta anni. Potrà andare in giro con qualche titolo acquisito da spendere non si sa dove.
Certo si potrà dire: ma chi te lo ha fatto fare? L’Università deve pur svecchiarsi e bisogna aprire al merito dei nuovi. Visto che il tuo primo merito è diventato demerito, cosa vuoi dalla vita? C’è chi sta peggio di te. Il ragionamento cinico pare non fare una grinza.

A conti fatti un ricercatore, con queste condizioni di trattamento, ha tutte le motivazioni per lasciare l’Italia al più presto e approdare ad altre terre. Se gioca il suo merito da trentenne in America, può avere un più spedito successo o essere subito trombato senza aspettare otto anni; e se viene trombato in America, perché capita più spesso di quello che si possa pensare, potrà tornare in Italia dicendo che ha fatto una esperienza mondiale, e qualche azienda magari se la beve; se dice di essere stato trombato in Italia dopo otto anni, sarà guardato come un povero mentecatto.

Per iniziare una carriera Universitaria da ricercatori in Italia occorrono: una famiglia alle spalle mediamente ricca e una buona dose di masochismo (che può essere trasformata in sadismo solo quando si realizzerà il sogno di diventare professore ordinario).
Si parla tanto di merito, ma nei fatti l’Università è oggi un paese per ricchi e con questa riforma lo diventerà ancora di più.

Ma allora che accidenti vuoi?
Poiché sono vecchio, mi limito a dire che non si può scherzare con gli anni della vita dei nostri giovani. Tre anni possono bastare per definire un percorso che porta all’assunzione, se si vogliono veramente fare delle assunzioni. Se chi ha fallito vuole riprovarci ci riprovi pure tutte le volte che vuole e a suo rischio, non si può chiamare fallito nessun uomo.
03/12/10 francesco zaffuto

immagine – aspettando – disegno a matita

nota descrittiva dell'immagine per disabili visiviUna figura bianca vagamente umana sta seduta su una sedia che per la forma è la sua stessa ombra, è in posizione di attesa con le braccia che scivolano sulle ginocchia. L’orizzonte è una striscia nera che incrocia il suo volto, l’orizzonte si spezza con una linea che separa il triangolo destro del foglio, sopra la linea due forme di spermatozoi che giocano con una palla.

3 commenti:

  1. Dieci anni fa quando vivevo la realtà precaria dell'Università post-laurea noi dottorandi e assegnisti guardavamo al ruolo del ricercatore come a un miraggio. Lo si percepiva come un posto sicuro e prestigioso, e a suo modo lo era, sia pur poco riconosciuto e valorizzato.
    Poi dice che non si va verso il baratro.

    RispondiElimina
  2. Speriamo che la pausa sia riflessiva. Per tutti gli schieramenti, affinché la nebbia mentale che avvolge i nostri politici si diradi quel tanto da vedere, proprio lì davanti, il baratro citato da runner.

    RispondiElimina
  3. Piacere di fare la tua conoscenza.Il futuro del nostro Paese ,ogni giorno diventa sempre più nebuloso.Allo stato attuale e con questa classe politica;io non vedo speranze.Saluti a presto

    RispondiElimina