venerdì 28 gennaio 2011

...la sosta



Questo blog è rimasto inattivo per sette giorni, parlerò brevemente dei motivi del…

…la sosta

Ogni tanto la morte mi passa vicino e si porta via un mio familiare o un amico, in uno di questi giorni di sosta mi ha tolto la mia cara sorella Rosalia. Si affolla sempre di più di persone care l’altra parte dell’universo ignoto.
La sosta imposta dalla morte ci allontana dai rumori del mondo, ma dopo poco tempo ritorniamo ai rumori del mondo come se quella sosta non ci avesse insegnato nulla. Nei rumori del mondo ci stiamo dentro come abitanti di un eterno movimento e noi che eterni non siamo, nel ripetere gesti e vizi quotidiani, dimentichiamo nuovamente la morte.
Della morte non si parla; la cataloghiamo, la storicizziamo, l’attribuiamo ad eventi, ma evitiamo di coglierne il senso. Solo qualche volta, quando percepiamo l’assenza di una persona cara ne cogliamo per un attimo il senso; ma timorosi del nostro pianto facciamo diventare la morte un dolore privato da superare per ritornare ai rumori quotidiani.
Affidiamo la riflessione sulla morte agli specialisti: ai sacerdoti, ai filosofi, come se fosse un settore specifico di ricerca. Sacerdoti e filosofi, investiti da tale incarico, costruiscono impianti interpretativi spesso rigorosi poiché vengono letti da altri specialisti, ma i rumori quotidiani del mondo non mutano. Eppure la sosta della morte potrebbe insegnarci, a tutti, di per sé qualcosa: per la brevità delle nostre singole esistenze potremmo cogliere la preziosità del tempo e l’inutile ripetizione dei vizi; per l’assenza che lascia negli affetti potremmo cogliere la necessaria concordia umana.
Durante questa mia sosta privata c’è stata la ricorrenza del Giorno della memoria, per ricordare che nella storia gli uomini sono stati capaci di giocare con la morte al punto di annullare ogni elemento di concordia umana. Tentare di comprendere il senso della morte ci può aiutare a vivere la nostra limitata esistenza.
28/01/11 francesco zaffuto
Immagine foto di rose bianche
http://www.zipnews.it/wp-content/uploads/2009/09/rose-bianche.jpg

8 commenti:

  1. Cerco di pensare la morte come parte della vita, un tutto naturale insieme a essa (al punto che da ragazzino inventai la parola VIRTE, che mi pareva la paroletta filosofica perfetta, unione di vita e morte, via la contrapposizione, via la paura, perché è la paura a togliere dalle nostre esistenze libertà e intelligenza).

    Ma ovviamente, quando ti tocca da vicino fai molta fatica a pensarla così, non riuscivo certo a pensarla così quando sette anni e mezzo fa piangevo disperato per la prematura morte di mia mamma.

    Ti esprimo tutta la mia vicinanza, Francesco, anche se ci conosciamo poco.

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  2. Si vive per poter morire.
    Si muore per restare in vita.
    I morti nei lager, e fuori per gli stessi infami motivi, vivono nei ricordi di chi è rimasto e ne racconta l'odissea.
    Questo ci è concesso, nulla di più.

    Per tua sorella un grande abbraccio.

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  3. Grazie per questa tua testimonianza.
    Sarò banale, ma specialisti della morte un po' dobbiamo esserlo tutti, sia perché tutti ci riguarda, sia perché guardare la morte con serenità (non che sia facile) aiuta a renderci, quello sì, liberi (imparare a morire è disimparare a servire, diceva Montaigne).

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  4. Mi piacerebbe farmici una partita a scacchi. Sì, lo so, che poi io non vincerò. Ma l'ho vista un paio di volte da vicino. Un caro saluto.

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  5. Una rosa per chi non c'è più ed una per chi rimane. Morte e vita, Vita e morte, si intrecciano si scontrano, non si possono ignorare. Quando bussa così vicino alla nostra porta ci fa riflettere, ci fa prendere quelle meravigliose pause che spesso ci riconciliano con la vita. Non bisogna dimenticarla..
    Un caro saluto Francesco

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  6. Personalmente non penso alla morte come ad un nemico, non la sfioro con paura...sono convinta che essa sia passaggio, mutazione, come ogni cosa nella nostra così breve esistenza.
    Ed anche il tempo che noi passiamo qui è quello giusto, visto dai nostri occhi e dalla nostra prospettiva. Potrei parlare a lungo delle mie convinzioni spirituali e di quel che ritengo vero e che mi dà la certezza d'una luce al di là di quella che a torto viene ritenuta la soglia oscura, ma non credo che questo sia in tema.
    Piuttosto mi soffermo su quello che hai detto a proposito del vivere per fare una considerazione su quanto spesso noi si smetta di farlo pienamente prestando attenzione ora al tempo che si svolge attorno a noi, ora alle cose che ci capita di manovrare, ora al rimpianto di quel che perderemo. Convinti di dover accumulare chissà che, per chissà chi, come se quel che accumuliamo in qualche modo ci definisse altro che non i mortali che siamo.
    È molto difficile parlare di questi argomenti e sentirne parlare ed è bello da parte il tua il farlo...

    Ti sono vicina e ti abbraccio
    Namastè

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  7. Mi dispiace Francesco.
    Un abbraccio,
    Lara

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