martedì 9 febbraio 2010

Qualche minima considerazione sulla minima riforma della scuola


09/02/10
Di epocale la riforma delle superiori ha solo l’attesa che è durata più di 40 anni. Questa lunga attesa aveva portato all’effetto moltiplicativo delle sperimentazioni “assistite”, nei fatti di assistito avevano solo l’inizio e poi venivano abbandonate ad un solitario trascinamento (204 corsi degli istituti tecnici e 396 nei licei).

Alla riforma, ci hanno messo mano diversi ministri della Repubblica, gli ultimi che ne sono usciti con l’opera incompiuta sono stati Berlinguer e Moratti. L’ultimo progetto Moratti è stato modificato in alcuni punti da Fioroni, in particolare per quanto riguarda l'istruzione tecnica e professionale.
Il ministro Gelmini ha avuto il “pregio” di non avanzare un nuovo progetto, ha proseguito quanto già fatto ed ha trovato qualche intesa con l’opposizione. Gran parte dell’impianto di riforma si basa sul lavoro compiuto dagli esperti del ministro Moratti tra il 2001 e il 2006.

Vediamo di esaminare alcuni aspetti.
La riforma non scioglie il nodo del cosa farò da grande: il ragazzino sarà avviato ad un indirizzo a 14 anni, peseranno ovviamente le esigenze famigliari più che le inclinazioni individuali. Ma era già così nella situazione attuale, quindi niente di nuovo

I licei saranno sei. Accanto ai 4 già esistenti (artistico, classico, scientifico, linguistico) ne nasceranno due nuovi; scienze umane (che sostituisce le vecchie magistrali) e musicale-coreutico.
Dagli otto progetti di licei si è passati a sei, quelli che mancano sono: il liceo economico e il liceo tecnologico. Dopo una lunga diatriba (durante la reggenza ministeriale della Moratti) si è preferito mantenete in vita nel nostro paese le figure intermedie di ragionieri e periti industriali nel cosiddetto limbo dei Tecnici. Nella diatriba intervenne con il suo parere la Confindustria, disse, in poche parole: che preferiva avere quadri di medio calibro senza tanti grilli per la testa. Ricordo che nel primo impianto la Moratti prevedeva lo studio della filosofia per otto licei; sia mai cominciassero a pensare. Il parere “docet” della Confindustria è stato accolto sia dalla sinistra come dalla destra.

Viene introdotto un ampio margine di flessibilità alle scuole (20% nel biennio iniziale e nell’ultimo anno, 30% nel secondo biennio, e ancora di più, fino al 40%, negli istituti professionali). Questa flessibilità può fare ritornare in campo tutte quelle differenzazioni che si sono volute eliminare. Ma il freno diventa quello del complessivo pacco orario che non può essere aumentato. Il numero delle ore di lezione viene ridotto in tutti gli indirizzi, il motivo addotto è quello di rendere più sostenibile il carico orario delle lezioni per gli studenti; un buon motivo, ma, ovviamente, c’è anche quello di un forte contenimento della spesa per la pubblica istruzione.
Nel quadro orario più snello, le ore pare che dovrebbero ritornare ai 60 minuti; sarà eliminata la prassi di sperimentare la riduzione a 50 minuti con recuperi non realizzabili nei fatti.
Certo se si ha la pazienza di andare a guardare tutti i quadri orari si può scorgere il taglio di qualche materia, l’ampliamento di qualche altra; alcuni docenti scoprono di essere stati tagliati e giustamente vogliono difendere il loro posto di lavoro. Molti docenti poi scivoleranno nel limbo delle scelte ancorate alla flessibilità, dipenderanno dai capricci di amministratori locali e di consigli d’istituto; diventeranno precari.
Il prezzo di questa miniriforma, perché di miniriforma si tratta, sarà pagato dagli insegnanti. Alcuni insegnanti pensano che il risparmio di spesa si potrebbe tradurre in un aumento degli stipendi, a questa favola forse potrà crederci ancora qualcuno.
francesco zaffuto
(immagine - La scuola di Atene - Raffaello - Stanze vaticane - Roma)

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